giovedì 20 novembre 2008


Vi manca il mio ferro? Sentite nostalgia del mio tocco?
Venite a trovarmi su:
http://iononperdonoetocco.wordpress.com/

lunedì 22 settembre 2008

Settembre, andiamo. É tempo di migrare.

Settembre, andiamo. É tempo di migrare.
L'incipit della celebre poesia di D'Annunzio ben si adatta all'annuncio che devo fare. Il blog cambia casa! O forse si sdoppia, devo ancora decidere. Ho scelto invece di aprire uno spazio un tantino più impegnato (mica da farsi venire l'ernia dalla fatica) nel quale affrontare temi di cui abbiamo un grande bisogno in questo Paese come: il merito, l'efficienza, la trasparenza, il risparmio energetico, ecc...
Intendo farlo in chiave "glocal" Globale e Locale al tempo stesso riflettendo su temi di carattere generale con un occhio a quello che succede dalle nostre parti. Riuscirò a farlo in "pillole" senza essere noioso? Non lo so è per questo forse che mi terro aperta la porta del precedente blog per tornare a "cazzabubboleggiare".
Dai lettori mi aspetto due cose, che se divento palloso me lo dicano con i loro commenti e, per i più volenterosi, che aprano una finestra e che scrivano sul blog insieme a me.
Si stanno avvicinando le elezioni amministrative e tra poco spunteranno come i funghi i "Soloni" dalla ricetta magica, che vorranno fare ogni cosa per il "bene del territorio", anticipiamoli, apriamo il dibattito sulle cose reali, quelle che davvero si possono fare, con l'impegno, la costanza, la coerenza, la tenacia, la praticità tutte doti di cui è in possesso la "Casalinga di Voghera" ma non i fanfaroni di quel mondo in cui regna il darwinismo alla rovescia della nostra politica.
P.S. una migliore definizione del concetto di "glocalizzazione" la trovate qui, ma è in inglese

venerdì 5 settembre 2008

AMICI E NEMICI degli apoidei

In definitiva i fattori che causano la riduzione degli apoidei possono essere naturali o artificiali. Su quelli naturali (brusche e durature variazioni di clima, presenza di predatori e parassiti, incendi, alluvioni) ci possiamo fare poco.
Ma anche l’uomo svolge un ruolo determinante nello sterminio degli apoidei. Si è detto dei fitofarmaci, neonicotinoidi in particolare, ma è possibile citare anche la distruzione dei nidi con le arature di un’agricoltura intensiva, la devastazione delle spiagge, ad opera di un turismo intensivo, per gli apoidei che prediligono tale ambiente (Andrena, ecc…), la mancata attuazione della rotazione agraria, la riduzione della scalarità delle colture, gli incendi delle scarpate, il dragaggio dei corsi d’acqua che sconvolge l’equilibrio degli argini, persino i finestrini delle nostre auto fanno “stragi” di ditteri (di cui non ce ne frega niente) e di apoidei.

Anche voi, ora che ne sapete di più su vittime e colpevoli, siete in grado di schierarvi, semplicemente attraverso scelte consapevoli al supermercato, comprando la frutta e la verdura (non è necessario essere biotalebani basta privilegiare prodotti difesi con i principi della lotta integrata) oppure evitando insetticidi per i fiori sul balcone che contengono neonicotinoidi. In giardino potete privilegiare essenze gradite agli apoidei e lasciare nei punti meno un vista fascine, rami, cumuli di pietre nei quali gli apoidei possano trovare riparo.

Per saperne di più sugli apoidei e sui loro rifugi vi informo che Angelo animerà un laboratorio il prossimo 27 settembre, alle ore 16,00, in occasione della rassegna “Editoria e Giardini” che si terrà a Verbania

Concludo la “saga” degli apoidei con la segnalazione di una interessante pubblicazione in cui mi sono imbattuto on line: “FIORI E API: la flora visitata dalle api e dagli altri apoidei in Europa” di Giancarlo Ricciardelli D’Albore e Francesco Intoppa.

mercoledì 3 settembre 2008

Ancora su Alitalia

Mi sto accorgendo che ultimamente mi sto appassionando un po' di tutto quello che vola. Passo dagli apoidei ad Alitalia! Dalle api ai "mosconi". Scusate ma l'italica impresa del salvataggio della compagnia di bandiera mi affascina.
E poi quella trovata di velocizzare il sistema postale facendo consegnare le lettere da Jackie Stewart, che colpo di genio!
In un precedente post vi avevo detto cosa ne pensa in proposito un gruppo di economisti "traditori" fuggiti dall'Italia per andare a lavorare all'estero. Gente tutt'altro che di sinistra, per intenderci.
Ora ho preparato una paio di altri contributi. Uno è come vede la faccenda un giornale economico on line "La voce" che in un articolo di Michele Polo ci spiega chi ha perso la scommessa di Alitalia, l'altro è il solito comunista di Marco Travaglio, che, dopo averci presentato i 16 capitani coraggiosi, ci conduce per mano in mezzo ai trabocchetti tra Good & Bad Company.
Guardatevi il video quando avete 25 minuti di tranquillità. Da non perdere.


sabato 30 agosto 2008

APOIDEI 4 - Il Colpevole

Da almeno un paio di centinaia d’anni quando si parla di disastri ambientali il colpevole è quasi sempre lo stesso, l’uomo, ma, a proposito di apoidei, se vogliamo essere più precisi vediamo quali sono le principali “armi del delitto”.
Abbiamo detto i pesticidi, ma mica tutti, sono da quasi cento anni chimica sforna pesticidi e, fino ad oggi, le api non sono ma io “morte come mosche” (accidenti i ditteri è difficile tenerli lontani!).
Il principale responsabile della morte degli Apoidei è una nuova classe di insetticidi chiamati “Neonicotinoidi” ecco cosa ho trovato su Wikipedia a proposito:
“ … agiscono a livello del sistema nervoso fissandosi ai ricettori nicotinici dell'acetilcolina; bloccano di fatto il passaggio degli impulsi nervosi con conseguente morte degli insetti. I principi attivi in commercio sono: Acetamiprid , Imidacloprid , Thiacloprid e thiamethoxam. Tutti questi insetticidi sono altamente sistemici tanto da proteggere la pianta molto a lungo: il principio attivo una volta assorbito dalla pianta viene traslocato sui giovani germogli in fase di crescita. È sconsigliato l'uso vicino ai corsi d'acqua, in quanto sono molto tossici per gli organismi acquatici, e nell'epoca di fioritura, poiché sono estremamente tossici per le api.”

Per chi vuole approfondire l’argomento ho trovato un dossier dell’Unione Nazionale delle Associazione degli Apicoltori Italiani il titolo è agghiacciante: “Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato … agricoltura”.

Questa classe di insetticidi vengono utilizzati non solo per irrorare le colture ma anche per “conciare” le sementi. Avete mai acquistato una bustina di semi (in particolare quelli di una certa dimensione, zucchine, mais, ecc …) trovandoli di un bel color fucsia? Quelli sono semi “conciati” per impedire, principalmente, che gli insetti li danneggino durante la fase di conservazione. Quando questi semi vengono manipolati, messi nelle seminatrici, interrati, ecc.. rilasciano in natura parte della loro micidiale polverina.
Ecco la prova del rapporto diretto tra la moria delle api e i neonicotinoidi in Piemonte

Vediamo di dare un nome e cognome a questi neonicotinoidi, così da evitare di comperarli anche nei semplici insetticidi che usiamo in casa o in giardino:
EPIK
CONFIDOR 200 SL 17,8%
CONFIDOR OIL 0,48%,
GAUCHO 350 FS 30,4%,
GAUCHO 70 WS
ACTARA 25 WG
CRUISER 350 FS
CRUISER 70 WSBN
ACTARA PLUS

I dettagli su ciascun prodotto li potete trovare nel prontuario di Fitofarmaci a cura di Muccinelli in questo link ne potete trovare un estratto.

giovedì 28 agosto 2008

Nuovi dipendenti pubblici, parapubblici, pseudopubblici

Nuovi dipendenti pubblici, parapubblici, pseudopubblici sono in arrivo, se andrà in porto l'operazione Alitalia i 7.500 (settemilacinquecento) dipendenti in esubero (nel piano Air France erano 2.500) verranno assorbiti dalle poste e dal catasto.
Me lo vedo lo steward, elegantone, girare per il mio paese con il motorino e il giubbotto con le strisce giallo fosforescenti a consegnare la posta. Spero solo che dalle mie parti mettano quello che ha fatto aspettare il mio volo da Malpensa a Fiumicino di un'ora e mezza perchè doveva imbarcarsi con altri colleghi per tornare a casa!
E al catasto? Si pensava di passare dai foglioni ottocenteschi al catasto digitale, di passare il catasto ai Comuni, siamo già pronti a fare un passo indietro? Di questo passo (indietro) potremmo uscire dall'Europa e tornare alla lira. Quella Turca però!!!
Già l'Europa, chissà cosa ne dirà di questa privatizzazione all'italiana (o bisognerebbe dire alla berlusconiana?)
Ecco in proposito il commento di un esponente di un gruppo di economisti italiani che lavorano in America (per favore non chiamateli "cervelli in fuga)

sabato 23 agosto 2008

APOIDEI 3 - Le Vittime

La notizia della strage si sta diffondendo, ne cominciano a parlare i giornali nazionali, anche sul Blog di Beppe Grillo di ieri c'era un interessante post (ringrazio Diego per la segnalazione), il mio posting giallo a puntate rischia di diventare una comunicazione di retroguardia, ma è bene che se ne parli e che si sappia.

Continuiamo dunque a parlare di apoidei, occupandoci delle vittime di questa strage. Tra tutti gli apoidei è evidente che la più conosciuta è l'ape domestica ma esistono apoidei che hanno una scarsa o nulla vita sociale e per questo, oltre che per il fatto che non producono miele, sono molto meno conosciuti, che ne dite di questo, ad esempio

non vi fa scattare tutto l’immaginario che vi riporta alla maestra della scuola elementare vero?

Eppure, al pari delle api, e forse ancor di più, perché diversamente da queste non sono accudite e curate dagli apicoltori, questi insetti utili sono minacciati da una serie di fattori quali l’eliminazione dei loro posti di nidificazione, la rarefazione delle piante che forniscono nettare e polline, malattie, parassiti ma la minaccia più grande è rappresentata dallo spargimento dei pesticidi.

In Italia le specie di apoidei 25 anni fa erano circa 950, un censimento effettuato tra il 1997 e il 2003, nell'ambito del progetto AMA (Api Miele Ambiente) a cui ha partecipato, tra gli altri istituti di apicoltura a livello universitario, anche quello dell'Università di Bologna, ne ha ritrovate solo il 37%. In una trentina di anni, solo nel nostro Paese sono scomparse quasi 600 specie di apoidei.

Uno studio pubblicato dall’autorevole rivista inglese Science (luglio 2006) rivela che in Gran Bretagna si è avuta un perdita del 52% delle api selvatiche e in Olanda del 67%.

Questi insetti infatti posseggono pochi geni di disintossicazione, come è stato confermato dalla recente pubblicazione della sequenza del genoma dell’ape domestica.
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Il_genoma_dell_ape_domestica/1286724

venerdì 15 agosto 2008

APOIDEI 2. La storia

Qualcuno avrà letto sui giornali la notizia che un po’ in tutti i continenti, prevalentemente a fine inverno, le api domestiche muoiono in maniera sempre più massiccia (gli ultimi dati di cui dispongo parlano del 25% in meno delle colonie degli USA). Ma la moria, anche se appare evidente nelle api domestiche, colpisce tutti gli “Apoidei”, anche quelli apparentemente più insignificanti, dei quali neppure ci accorgiamo. Gli “Apoidei” sono gli insetti da cui dipende l’80% dell’impollinazione dei fiori in Europa, e stiamo parlando di frutta e di verdura, che senza questi insetti non avrebbero una produzione sufficiente.

Se vogliamo metterla su un piano molto concreto, morti gli “Apoidei”, a parte evidenti difficoltà su come dare i primi rudimenti di educazione sessuale ai nostri figli (l’esempio classico dell’ape e del fiore andrebbe a farsi benedire) si perderebbe il 35 percento degli alimenti destinati all’alimentazione umana. Questo dato è stato tratto da uno studio internazionale fatto in 200 paesi su 115 tra le colture più importanti. Non moriremmo certamente di fame, frumento, mais e riso non sarebbero toccati, ma si aggraverebbe la profonda crisi internazionale generata dalla concomitanza di cause, che è ben sintetizzata nelle parole di Rob Hopkins:

“L’economia globale fronteggia una crisi tripla. Si tratta della combinazione della crisi finanziaria globale, del processo di cambiamento climatico e della crescita dei prezzi dell’energia prodotta dal picco della produzione petrolifera. Questi tre eventi si sovrappongono con il rischio di diventare una “tempesta perfetta”, di quelle che non sono più state sperimentate dai tempi della Grande Depressione.”

Per saperne di più:

http://transitionculture.org/2008/07/21/the-green-new-deal-is-launched-today/

giovedì 14 agosto 2008

Massaggi e messaggi

Rilancio questa notizia ferragostana perché è quantomeno bizzarra, con tutti i problemi che ha questo Paese il Governo si preoccupa di coloro che fanno i massaggi in spiaggia. Forse perché chi li pratica è nella quasi totalità dei casi un extracomunitario che cerca di sbarcare il lunario. Fonte.
La questione vera pare che sia quella di lanciare un "messaggio" non di contrastare il "massaggio"

Il Tg1 ha appena dato la notizia che il Ministero del Welfare ha proibito per tutta l’estate i massaggi in spiaggia

Il Sottosegretario Francesca Martini ha fornito due ragioni. La prima è che le persone che offrono questo servizio (tipicamente extracomunitari) non sono qualificati. In altre parole, non hanno studiato o fatto corsi per diventare massaggiatore. La seconda è che la spiaggia non è un luogo idoneo all’attività del massaggio. Immagino che volesse dire che in spiaggia c’è la sabbia e che il vento può portare polvere o altre cose.

La maggior parte dei bagnanti che ricorre ai massaggi immagino sappia entrambe le cose, cioè che il signore (o la signora) che propone il massaggio probabilmente fino a qualche mese prima faceva tutt’altro e che la spiaggia non è un luogo asettico. Ma, a fronte di queste considerazioni, pensa anche che le conseguenze negative di un massaggio fatto da un incompetente all’aria aperta siano in ogni caso piuttosto limitate. Nel servizio del Tg è apparso anche un medico che diceva che chi ha le vene varicose, in caso di massaggio molto forte, può anche svenire. Sarà forse per questo che l'ordinanza sarà pubblicata con la massima urgenza sulla Gazzetta ufficiale, come ha aggiunto il Sottosegretario Martini.

Qualche dubbio mi resta. I massaggi sul lungomare o comunque in un luogo diverso dalla spiaggia sono consentiti? E perchè la proibizione si limita all'estate? E, soprattutto, era veramente così urgente e indispensabile regolamentare anche i massaggi in spiaggia?

sabato 9 agosto 2008

Apoidei chi sono costoro?

Cari lettori, ho deciso di dare una mano ad una amico che si è messo a fare l’avvocato difensore. Non ha una laurea in legge e ambizione di arricchirsi, diversamente avrebbe difeso uno basso e pelato, cercando di tirare per le lunghe.

Lui ha una laurea in Scienze Agrarie, un passato da ricercatore, un presente da imprenditore, un sacco di diplomi e riconoscimenti appesi alle pareti e difende gli insetti. Non tutti gli insetti, perché, diciamolo, l’ordine dei “Ditteri”, al quale appartengono mosche e zanzare è veramente indifendibile!

Il mio amico Angelo, questo è il suo nome, è “l’Angelo difensore” di alcuni insetti che appartengono all’ordine degli “Imenotteri”, ma anche qui non tutti, di alcuni imenotteri che appartengono al sott’ordine degli “Apocriti” (niente a che fare con la politica di oggi o con una scuola filosofica greca del passato) e, anche in questo caso, mica tutti gli “Apocriti”, il mio amico è uno preciso …

Insomma per farla breve tra i tanti “Apocriti” che ci sono il mio amico Angelo ha preso a cuore la sorte di quelli che appartengono alla superfamiglia degli apoidei.

A questo punto potrei dirvi che la superfamiglia degli apoidei si divide in 9 famiglie che si chiamano … ma corro il rischio che qualcuno mi mandi a cagare, e poi arrivino i “ditteri”, sottordine: brachiceri, infraordine: muscomorfi, superfamiglia: muscoidea, famiglia: muscidae, genere: musca, specie: mosca domestica, ma quelle abbiamo deciso di tenerle lontane!

Quindi preferisco, per i precisini, lasciare questo “link” http://it.wikipedia.org/wiki/Apoidea così si fanno una ragione di come va il giro del fumo e non secco tutti gli altri.

A differenza degli avvocati del “Nano” che, s’è detto, tirano per le lunghe, Angelo e altri come lui hanno fretta perché hanno a che fare con una strage che potrebbe toccare tutti noi, ve la racconterò in 4 post:

La Storia

Le vittime

I colpevoli

Amici e nemici

… nelle prossime settimane per non seccarvi troppo e dare un po’ di suspense alla narrazione.

giovedì 7 agosto 2008

Corruzione e abusi, la Pubblica amministrazione evolve ma non cambia

Cito: "L'edonismo sfrenato rende la Pubblica amministrazione una prateria particolarmente adatta al pascolo abusivo: terreno fertile di carriere inventate, di soldi facili, favoritismi, scorciatoie, sopraffazioni, prepotenze, prevaricazioni, peculati, malversazioni, concussioni. ... Alle classiche mazzette, ormai in disuso ma non del tutto scomparse, si sono sostituiti sistemi molto più sofisticati, infidi, dannosi: attribuzioni di incarichi e consulenze a chi non è in grado di svolgerli, assunzioni di personale senza concorso attraverso società partecipate o affidatarie di appalti, erogazioni di contributi a pioggia a fondazioni, associazioni, enti, per allargare la propria base elettorale.
Il tutto apparentemente regolare, ma nella sostanza più illegale e costoso dei vecchi metodi. la fantasia della corruzione pubblica è fervida come non mai. Sforna a getto continuo sempre nuovi modelli, adotta sempre nuove soluzioni, alimentata com'è da una folta schiera di persone che non pensano ad altro; che dedicano le proprie energie e il proprio tempo solo e semplicemente a questo.
... Questi fenomeni scaturiscono anche dalla mancanza di ricambio della classe dirigente che crea acqua stagnante, putrida. ... Una massa notevole di persone vive senza meriti a spese dell'Erario e fa di tutto per non perdere il privilegio del rango usurpato, raccontando frottole, creando suggestioni, approfittando della posizione di privilegio che non termina quasi mai con lo scadere della carica ricoperta."
Ho dichiarato fin dall'inizio che non sono parole mie ma che si trattava di una citazione. Ora voi direte che mi sono messo anche a citare stralci dal blog di Grillo, o che mi sono fatto "rapire" da quel guastatore di Travaglio. Niente di tutto questo. Sapete da dove ho tratto la citazione?
Da un articolo di uno dei più autorevoli commentatori de "Il Sole 24 ore" Eduardo Racca, esperto di Pubblica amministrazione che ha curato un focus per l'inserto "Guida agli Enti locali" n. 16 dello scorso 19 aprile. (Incredibile i comunisti sono infiltrati dappertutto!!!)
Lo stesso articolo dedica un intero capitolo ai "Virtuosi in ombra", vi posso assicurare che ce ne sono tanti, che reggono il peso anche di coloro che Racca ha descritto così efficacemente. Auguri ai novelli "Titani" della P.A. siano essi dipendenti o amministratori, tenete duro ragazzi!

martedì 5 agosto 2008

Commissione

Secondo Richard Harkness, del New York Times: "Dicesi Commissione un gruppo di svogliati, selezionati da un gruppo di incapaci, per il disbrigo di qualcosa di inutile".
Aggiungerei di mio che spesso una "Commissione" è molto simile ad un "Lavasecco", entrambi infatti funzionano a gettone!

martedì 29 luglio 2008

La "tempesta perfetta"

Chi di voi non ha mai vissuto il senso di precarietà che si prova al mattino dopo un grossa nevicata, quando nessuna auto riesce a muoversi, quando la cosa più normale, che che si fa tutti i giorni, andare a lavorare, non è possibile e dunque ci si immerge in "occupazioni alternative".
Ricordo da bambino, alla metà degli anni settanta, le domeniche di "Austerity", abitavo in un paesino non servito dai mezzi pubblici, la sera con gli amici rientravamo a casa con l'ultima corriera che ci portava a qualche chilometro da casa e poi tutti a piedi verso casa raccontandoci gli aneddoti più gustosi della giornata.
Sono due esempi di momenti, certamente difficili ma che diventano più sopportabili, con risvolti persino divertenti se si è preparati ad affrontarli.
E poi chi ha detto che situazioni simili non debbano ripresentarsi: in Gran Bretagna molte cittadine si stanno organizzando per la cosiddetta "economia di transizione", quella che dovrebbe aiutarci a superare la "tempesta perfetta" generata dalla tripla crisi dell'economia globale. Si tratta della combinazione della crisi finanziaria globale, del processo di cambiamento climatico e della crescita dei prezzi dell’energia prodotta dal picco della produzione petrolifera. Questi tre eventi si sovrapposti rischiano di creare una miscela esplosiva di combinazioni simile a quella sperimentata durante i tempi della Grande Depressione del '29.
Il movimento del "New Deal verde" da poco nato in Gran Bretagna si occupa proprio di questo:
vediamo di saperne di più grazie ad una traduzione di Daria:

Green New Deal Group – Gruppo del New Deal Verde”, prendendo ispirazione dalla reazione globale guidata dal Presidente Roosevelt per fronteggiare la Grande Depressione, propone una versione moderna di New Deal, un New Deal Verde, progettato per dare forza ad una rivoluzione delle energie rinnovabili, per creare migliaia di posti di lavoro per colletti verdi, per frenare il potere distorto del settore finanziario rendendo disponibile più capitale a basso costo per fronteggiare le imminenti priorità. La più grave crisi globale dai tempi della Grande Depressione richiede importanti riforme, riforme che ancora non sono state considerate dai politici.

Si tratta non solo di regolamentare nuovamente il mercato finanziario e fiscale ma anche di attuare un enorme programma di trasformazione volto a ridurre sostanzialmente l’uso di combustibili fossili e, nel frattempo, volto ad affrontare la disoccupazione e il calo della domanda causata dalla crisi finanziaria.

Questo programma di trasformazione comporta nuove politiche e nuovi meccanismi di finanziamento che ridurranno le emissioni e ci permetteranno di fronteggiare meglio le future carenze energetiche causate dal picco del petrolio. Il New Deal Verde è una reazione alla crisi finanziaria e alla crescente crisi alimentare ed energetica, nonché alla mancanza di un’azione congiunta e globale da parte dei politici.

Il New Deal Verde richiede:

  • Massicci investimenti nelle energie rinnovabili e un’ampia trasformazione ambientale della Gran Bretagna, che a sua volta comporterà
  • La creazione di migliaia di posti di lavoro per i nuovi colletti verdi
  • Di frenare gli aspetti imprudenti e avventati del settore finanziario, rendendo invece disponibile un capitale a basso costo per finanziare l’economia verde di transizione della Gran Bretagna
  • La costruzione di una nuova alleanza tra ambientalisti, l’industria, l’agricoltura ed i sindacati per mettere gli interessi dell’economia reale davanti a quelli di un mondo finanziario incontrollato.
Vi terrò informati su quanto si muove nel mondo del Green New Deal, intanto vi segnalo un blog in italiano sull'argomento e un post dedicato all'interno del blog di Jacopo Fo

mercoledì 23 luglio 2008

Lodo Alfano


Ma che bello Alfano,
ma che bravo Alfano,
ma che intelligente Alfano,
ma che simpatico Alfano,
ma che disponibile Alfano,
ma che garbato Alfano,
ma che elegante Alfano,
ma che colto Alfano,
ma che ... (potrei continuare all'infinito) ... Alfano ...
ma soprattutto, come sei indipendente, Alfano!

sabato 19 luglio 2008

Saccà, Riccò e Capitan Cocoricò

Chi non è più giovane ricorderà certamente sul "Corriere dei piccoli" il fumetto dei due gemelli terribili che ne combinavano di tutti i colori nella striscia intitolata "Bibì, Bibò e Capitan Cocoricò".
I fatti di cronaca di queste ultime settimane hanno riportato in vita due gemelli terribili, d'accento e di malefatte. Saccà e Riccò il primo per le intercettazioni di suoi colloqui con Silvio Berlusconi a proposito di attricette da sistemare e affari contigui il secondo perché si pompava Epo per vincere delle gare in bicicletta.

Non mettiamo in competizione i nostri due "campioni" per vedere se sia più grave lo sperpero di danaro pubblico o la frode sportiva. Verifichiamo solo le conseguenze: Riccò è stato licenziato in tronco dalla sua società sportiva che ha dovuto subire (quantomeno) un danno d'immagine, Saccà prima sospeso, poi reintegrato, con una decisione a maggioranza non è stato licenziato dal consiglio di amministrazione della Rai.

Ancora una volta ... complimenti

mercoledì 16 luglio 2008

In Senegal per il progetto "Keur Daba"

Per prima cosa desidero rassicurare gli amici lettori: non ho trovato in Senegal bambini con ventre gonfio, le ossa scheletriche e le mosche che si nutrono delle cispe agli occhi, senza che loro abbiano la forza di scacciarle.
La mia visita mi restituisce un popolo povero, ma in piedi, che porta con se, amplificandone l’evidenza, tutti i guasti della società occidentale. La plastica innanzitutto: ce n’è sicuramente in termini qualitativi meno che in Campania ma è dappertutto, perché nessuno si prende al briga di raccoglierla e di nasconderla.
Poiché tuttavia questo “post” non vuole essere un’analisi “pecorino-fave-sociologia” dei guasti del colonialismo nell’epoca post-coloniale, vi racconterò solo del progetto di cooperazione decentrata che alcuni di voi finanziano con le risorse che prelevo, novello Passator Cortese, dai loro acquisti attraverso il G.A.S..

Per far questo tuttavia devo fare una piccola notazione sul “paesaggio” salendo dal sud a nord da Dakar verso il confine con la Mauritania, nei pressi del quale si trova il villaggio di Ndiawdoune dove insiste il nostro progetto, la vegetazione cambia, i campi coltivati interrotti dai maestosi baobab si fanno più radi, così come gli alberi che si riducono in quantità ed in dimensione, quasi a voler comunicare la “fatica” di vivere con poca acqua.
Il terreno si copre di una sabbia polverosa e di sterpaglia, sotto i rari alberi che presentano una taglia sufficiente si riuniscono le persone e gli animali.

Una città con i viali
La percezione dell’Africa cambia seduti al tavolino di un bar su un fresco viale alberato. È proprio cosi, non ci credete dopo aver letto fino a qui, ma a metà viaggio ci fermiamo nella città di Thiès circa 500.000 abitanti, giardini pubblici e un fresco viale alberato, come dice la canzone “another world is possible…..”

L’incontro con il Presidente della Comunità Rurale
Gli uomini sono tutti uguali, i politici … anche. Arrivati nella comunità rurale di Gandon ci riceve il Presidente nel suo ufficio con l’aria condizionata. Sono tutti molti deferenti con lui, inizia il gioco di sguardi per capire chi deve entrare per primo nel suo ufficio. Esaurito il cerimoniale il Presidente si lamenta di non essere stato tenuto puntualmente informato su quello che accade al “villaggio con l’irrigazione”, è vero, i funzionari locali dell’ONG CISV che seguono il progetto fanno pubblica ammenda, ma la circostanza è resa ancora più d’attualità dalle prossime elezioni locali che si terranno nella primavera 2009.
Anche qui come da noi si stanno preparando a sparare tutte le “cartucce elettorali”. Se è vero che l’informazione è una risorsa, nel nostro caso per riprendere la metafora è “polvere da sparo”.

Al villaggio di Ndiawdoune
Arriviamo al villaggio, povere case ma dignitose, costruite in prevalenza con mattoni di cemento al termine di una pista che si imbocca a lato della strada statale. Posteggiamo sotto un albero, proprio davanti all’unico negozio. Mi dicono che anche questo non c’era e che è nato dopo l’insediamento del progetto. Se pensate che il commercio (di ogni cosa) è una delle attività più praticate dai senegalesi, vi potete ben immaginare quanto povero dovesse essere il tenore di vita di un villaggio di 300 abitanti senza neppure un negozio.

Quello che mi ha colpito più di tutto è stato lo sguardo di Mawlouda Fall, la presidentessa dell’impresa femminile nata col progetto, è lei che ci ha accolto assieme agli uomini al nostro arrivo, è lei che portava le notizie migliori, anche se non poteva indossare la “corona del trionfo”.
Il progetto “Keur Daba” ha ormai concluso il suo secondo anno di attività e anche quest’anno il raccolto agricolo non ha dato i frutti sperati. Gli uomini del villaggio sono riusciti, come nella stagione precedente, a restituire il prestito ottenuto per le sementi, i concimi, ecc … ma non hanno
realizzato il guadagno sperato. Hanno infatti dovuto lottare contro i capricci del tempo e la decisione di altri uomini che regolano la portata del fiume Senegal. Il rilascio di acqua dalle chiuse a monte è stato così scarso da costringerli a scavare una “trincea” in modo tale che un po’ d’acqua potesse filtrare dal letto del fiume fino al punto di pescaggio della pompa installata con il progetto. L’acqua tuttavia filtrava lentamente e la pompa ha potuto funzionare solo ad intermittenza, non consentendo un’irrigazione ottimale delle colture. In quel momento erano in pieno sviluppo due coltivazioni, quella delle cipolle, nei terreni di nuovo impianto in cui si è allargato il progetto e quella delle arachidi, dove nell’anno precedente erano state coltivate le cipolle. E’ stato allora che si è dovuto prendere la difficile decisione di abbandonare una delle due colture per riuscire, con la poca acqua disponibile, a portare a termine l’altra. Si è dunque optato per salvare le arachidi.

Le donne di Ndiawdoune nel primo anno di progetto hanno affiancato gli uomini nelle colture dei campi, mentre nel secondo anno sono state coinvolte in un’attività specifica. In un primo tempo si era pensato a dei pollai attigui alle abitazioni, ad integrazione del reddito familiare (in po’ come facevano un tempo le nostre nonne), invece loro, vincendo anche le titubanze dei tecnici locali del CISV, che temevano per le malattie, hanno optato per il “lavoro di squadra”, mettendo insieme le risorse e costruendo un pollaio collettivo che può ospitare fino a 600 animali. Concrete e prudenti hanno comperato 250 pulcini che, a 45 giorni, una volta ingrassati, sono stati venduti con grande successo (questa notizia è arrivata persino al Presidente della Comunità Rurale, quello che si lamentava di non avere notizie). Al nostro arrivo a Ndiawdoune il pollaio era di nuovo libero, perfettamente pulito, con la lettiera già predisposta per accogliere un infornata di altri 250 pulcini da tirar grandi e rivendere al mercato. Ancora 250 pulcini e non 500 o più come consentirebbe la capienza del pollaio perché “sono donne è meglio andarci piano”, come direbbe un uomo di qui (e non solo forse), ancora 250 e non di più, perché andiamo incontro alla stagione delle piogge e non voglio “cattive sorprese” a causa delle malattie, dice la Presidentessa.

Saint Louis
Saint Louis, un milione di abitanti, è la città più vicina al villaggio di Ndiawdoune costruita sul delta del fiume Senegal, il suo nome la dice lunga del suo passato coloniale. Di quei tempi rimangono ancora vecchi palazzi ormai in rovina, quando non sono stati acquistati da società, quasi mai senegalesi per farne alberghi per portafogli, quasi mai senegalesi, e un lungo ponte in ferro a più arcate che rappresenta la porta d’accesso alla città.Il ponte, nella parte centrale, era girevole, per permettere il passaggio delle imbarcazioni più grandi e la loro risalita del fiume. Mi dicono che lo è ancora, ma mi permetto di dubitarne, visto che la ruggine ha conquistato ogni centimetro quadrato del manufatto, corrodendolo, in alcuni punti fino in profondità.

Ho molte immagini ancora negli occhi di Saint Louis e molti racconti, ve ne restituisco solo sue per mantener fede all’impegno di parlare solo delle cose che hanno attinenza con il progetto: le povere case, alla periferia della città, dove le donne puliscono ed affumicano il pesce; un girone dantesco di puzza e fuliggine ma che non doveva essere molto diverso da quello di qualche decina di anni fa quando anche sulla sponde dei laghi insubrici si preparavano i Misultitt o Misoltini e il racconto dei “disperati” che in piccoli gruppi eludono la sorveglianza congiunta delle marine senegalese, spagnola e italiana per riunirsi di notte, al largo, nei viaggi della speranza (o forse sarebbe meglio dire della disperazione) All’ insegna di un motto che in lingua Wolof A Barça ou a Barsakh “A Barcellona o all’inferno”

A Dakar
Tornati a Dakar ci toccano i giri ufficiali, quelli con giacca e cravatta, mi sento un “trofeo” vestito da matrimonio (o da funerale, lascio a voi decidere). Si comincia con l’ufficio cooperazione dell’Ambasciata d’Italia, che qui in Senegal ha competenza anche per Capo Verde, Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali e Mauritania. Parliamo con il direttore, molto gentile e colloquiale, del più e del meno, ma da qui, solo immaginare il villaggio di Ndiawdoune è come cercare di vedere i microbi senza il microscopio. Godiamo un’oretta di aria condizionata e ci lasciamo con l’impegno di “tenerci informati”
Nel pomeriggio siamo al “Ministero per la Cooperazione Decentrata” e altre cose tipo, le politiche per la famiglia e materie affini che non ricordo bene. I controlli all’esterno sembrano più di facciata che per l’effettiva sicurezza, meglio, vuole dire che il Senegal non si sente minacciato. Non mi chiedono neppure la carta d’identità, farà forse fede per me la mia pelle bianca. Veniamo condotti al cospetto del Ministro accompagnati da Mamadou Ndiaye Presidente dell’associazione Dabafrica Senegal e da Jupiter Yade Segretario Generale della stessa Associazione, visibilmente emozionati per l’onore che viene loro concesso. E’ con noi anche Andrea Bessone, responsabile per il Senegal dell’ONG CISV che cura per noi in loco il progetto, sembra il più a suo agio nella situazione perché io, vestito a parte, sono un “tecnico” prestato a rappresentare un politico pro-tempore di riferimento e la cosa mi sta molto stretta anche quando “gioco in casa”.

Il Ministro è perfettamente vestito “all’occidentale”, ci accoglie in modo garbato e affabile, ci dice che anche lui è della regione di Saint Louis nella quale si trova il villaggio del nostro progetto, anche la sua segretaria è di quelle parti …. una riunione in famiglia insomma! Scherzi a parte ci parla del programma di autosufficienza alimentare lanciato dal suo Paese e sostiene che è proprio dalle regioni nelle quali stiamo lavorando che si aspettano, con una migliore gestione delle acque del fiume Senegal, un importante contributo. Non ci perdiamo in tante chiacchiere, la riunione è breve, il taglio è pragmatico, il Ministro ci assicura il suo appoggio nel caso incontrassimo delle difficoltà, per raggiungerlo basterà affidarsi alla sua segretaria per la quale, parole del Ministro, “oltre che un dovere è un onore poter essere utile ai suoi villaggi d’origine”.

La Senatrice
Martedì parto alle 17,30 per onorare l’invito a cena ricevuto dalla senatrice Ngone Ndoye il giorno del nostro arrivo, Donatella la mia collega con esperienze africane “getta la spugna” dopo una giornata passata sotto il sole a picco. A me tocca …, come dice lei, sono “il capo”.

Per arrivare a casa della Senatrice la strada è intasata e il nostro taxi “rattoppato” lascia la via principale e s’impegna in una gimcana tra cumuli di pattume, ferraglie e materiali vari che ricordano tantissimo il luogo nel quale erano riuniti i rottami delle navi spaziali nella serie “Guerre stellari”. Dopo un’ora e venti di questo “sbattimento” giungiamo al luogo dell’ appuntamento, lì troviamo il mullah-segretario della Senatrice, cambiamo macchina e continuiamo il viaggio.
Giunti a destinazione sono ormai le 19,15, la Senatrice non c’è ancora, ci fanno accomodare in un salotto quasi buio, accendono il ventilatore da parete e la televisione. Tra le litanie lamentose e le lodi alla Senatrice del mullah, la versione spagnola di “saranno famosi”, una telenovela brasiliana e qualcos’altro in lingua Wolof trascorrono le successive due ore. Verso le 21 arriva la nostra ospite, anche lei è rimasta intrappolata nel traffico.

La Senatrice è una donna affascinante, molto alta e lineamenti del viso raffinati, gli anni e i quattro figli avuti quando era ancora molto giovane ne hanno un poco appesantito la figura ma si muove elegantemente, avvolta nei suoi abiti di foggia africana.
La conversazione è amabile e vince la mia stanchezza. Oltre ad essere senatrice Madame Ndoye è anche sindaco di una delle più grandi municipalità di Dakar, (quasi un milione di abitanti) che amministra da vicino: conosce a memoria il numero degli alunni nelle varie scuole, sa quante sono le moschee, le grandi moschee, le chiese, le sinagoghe, conosce il numero e i problemi dei pescatori, sa quante sono le piroghe che ogni giorno prendono il mare per recarsi a pesca, ecc… La sola cosa che confessa di non sapere è la superficie del suo comune, perché, confessa, i confini non sono ancora stati chiaramente definiti.
La Senatrice insiste sulla necessità che i politici siano i primi a dare il buon esempio e, per chiarire il concetto racconta che in Senegal parlamentari e alti funzionari per ragioni di prestigio legate alla loro carica hanno il diritto di viaggiare in aereo in business class. Se, fino al fallimento di air Senegal, questo poteva avere un senso perché trasferiva risorse dallo Stato alla compagnia di bandiera, ora il “prestigio senegalese” va ad ingrassare a caro prezzo Air France. Lei ci dice dunque di aver deciso di optare per la classe economica, almeno per i voli africani.

M.me Ndoye racconta che domani testimonierà a favore di una campagna a favore del contenimento delle nascite; il mullah inizia a guardarla torvo. Lei se ne accorge e “aggiusta il tiro”: non si tratta di contenere le nascite ma di ritardare la nascita del primo figlio e frapporre un maggior lasso di tempo tra un figlio e l’altro (se non è contenimento delle nascite questo!!! J) , il mullah “abbocca, sorride felice e si rimette a rosicchiare con i suoi dentini piccoli.

La cena scorre leggera, ci servono un pesce locale, il “Thiof”, una specie di branzino, che solo io mangio con le posate; mi spiegano che è tradizione succhiare ogni lisca, quando si mangia il Thiof. Seguono una serie di complimenti da parte di tutti per il per pesce, splendidamente cucinato da un ristoratore locale, nel cui mezzo la senatrice si alza facendomi il grande onore di offrirmi un pezzo del suo Thiof. Abbozzo una difesa, poi capisco che non posso rifiutare (un po’ come nel nostro Sud), allora mi arrendo docile. A quel punto la Senatrice stacca un grosso pezzo del suo pesce torcendogli la spina dorsale e lo depone nel mio piatto.
Da qui in poi la cena si fa in salita: l’enorme Thiof, con il “bonus Senatoriale”, i commensali che, una volta rotto il ghiaccio, cominciano a parlare in Wolof (una delle lingue locali), il caldo umido, il “terrore” per una bevanda analcolica con ghiaccio che, a queste latitudini, è sempre a rischio dissenteria, fanno il resto.

Intorno a mezzanotte vengo caricato con gli altri ospiti sul potente Suv della Senatrice, il suo autista si dirige spedito verso il centro della città. Leggo il quadrante dell’auto, la temperatura esterna è di 28,5 gradi, quella interna è regolata su 17,5. Capisco che è questa l’ultima prova che devo affrontare nella giornata. All’una, finalmente, è finita.

Ringraziamenti
A Donatella che la più africana degli italiani che io conosca, se quando è a casa sembra che 5 anni di Angola, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, non l’abbiano cambiata più di tanto dovete vederla in azione “sul campo”.

A Ussu il più europeo degli africani che abbia mai incontrato, a volte perfino con una venatura di pignoleria svizzera, andare al mercato con lui è un piacere, si finge indifferenza mentre lui contratta per voi, a lui devo i miei sandali, comodissimi. Chissà se mi aiuteranno a mettere in pratica quel proverbio indiano che dice più o meno: ogni volta che vuoi giudicare qualcuno, cammina prima per tre lune nei suoi mocassini.

martedì 1 luglio 2008

Resistere alla colonizzazione dell'immaginario

Tre continenti diversi: Europa, America e Africa. Tre situazioni differenti, una borgata di poche baite sulla montagna cuneese, la foresta dello stato del Chiapas, la comunità rurale di Gandon, nella regione di Saint Louis in Senegal. Sono questi tre luoghi del mondo, apparentemente distanti e diversi tra loro, che stanno catturando la mia attenzione e le mie energie in questo momento. Ma cosa sta succedendo di così in portante in questi luoghi. Apparentemente nulla di straordinario:

a due passi da noi, sulle montagne del cuneese la fondazione Nuto Revelli si sta impegnando per il recupero della borgata di Paralup, per preservare la memoria storica e far rinascere a nuova vita i luoghi dove operò la prima brigata partigiana "Giustizia e Libertà";

in Chiapas persone ricche di umanità come Jorge Santiago si stanno battendo per inventarsi "economie alternative" che mettano al centro di uno sviluppo duraturo le comunità indigene locali, difendendole dagli interessi del mercato di rapina;

nel nord del Senegal, dove mi recherò domani, una comunità rurale si sta riappropriando di un terreno a rischio desertificazione e, aiutata da un'altra comunità, la nostra, di un paese "ricco", nel quale, ai piedi delle Alpi l'acqua non manca, lo sta mettendo a coltura con tecniche d'irrigazione innovative.

Tutte e tre queste situazioni sono situazioni di resistenza di colonizzazione dell'immaginario, come dice Serge Latouche, un immaginario preda di un marketing ossessivo e pervasivo nel quale il consumo è presentato come l'unico valore che conta.

Resistere, costruendo e sostenendo nuovi modelli di sviluppo, fondati maggiormente sullo scambio delle relazioni rispetto al ciclo possesso/distruzione/possesso degli oggetti può essere una strada per un futuro. Come dice Maurizio Pallante leader del movimento per la decrescita felice.

mercoledì 25 giugno 2008

Cucina Etnica

Ti piace ogni tanto sperimentare la cucina etnica? Credi che un ristorante giapponese sia sempre un ristorante giapponese? Sai quante sono le cucine cinesi e quale è quella che mette in pratica il ristorante sotto casa? Conosci qualche cosa della cucina africana o quella del Sudamerica?

Ebbene per la rubrica “Promo mai Prono ho il piacere di invitarti a due occasioni imperdibili per sperimentare la cucina etnica preparata anche per te da alcuni amici che sono nel nostro territorio.

Il primo appuntamento con la cucina del Senegal è offerto dagli amici dell’associazione “Dabafrica” che cucineranno per noi piatti come fataya, bissap, cuos cous o riso con carne e verdure, banane fritte si svolgerà sabato 28 giugno presso gli impianti sportivi del comune di Masera (VB)

Il secondo invece è con la cucina sudamericana, in particolare con quella dell’Equador sarà preparato per noi dal servizio di ristorazione gestito dai detenuti del carcere di Verbania “Gattabuia” presso Villa Olimpia Sabato 19 luglio alle ore 20

Ti aspetto, è scoppiata l’estate, esci dal guscio “lumacone”!

martedì 24 giugno 2008

SERATA CHIAPAS

Dopo l'incontro ufficiale e l'inaugurazione della mostra per i quali molti lettori di questo blog hanno ricevuto l'avviso. Sabato sera abbiamo fatto con gli amici un "Serata Chiapas" organizzata su due piedi ma molto gradevole. Non ne farò un resoconto completo, così come non mi soffermerò sulle rivendicazioni del popolo del Chiapas, di cui pure si è parlato con chi le vive "sul campo" tutti i giorni.
Mi limiterò, come lo stile di questo blog, ad alcuni colpi di "pennello", alcune spigolature. Chi vuole saperne di più può consultare i link del sito dell'associazione Tatawelo.
Comincio a presentare i nostro ospiti:
Jorge Santiago, teologo e antropologo messicano, fondatore del DESMI (Desarrollo Econòmico Social de los Mexicano Indìgenas) associazione impegnata nell'economia solidale e nel sostegno alle comunità indigene del Chiapas dal 1969;
Francesca Minerva, giornalista freelance, responsabile dell'Associazione Tatawelo per il progetto di sostegno alla produzione di caffè dei contadini del Chiapas.

Sul Chiapas abbiamo scoperto che:
  • come da noi non mancano le "etichette", per cui gli abitanti del nord dello Stato sono chiamati "gli svizzeri del Chiapas" sono molto più attivi, organizzati intraprendenti;
  • è vietato fare uso di alcol (figuriamoci di droghe) per prevenire la violenza sulle donne;
  • dal '94, anno nel quale il movimento zapatista per l'autonomia del Chiapas si è posto all'attenzione mediatica, molti "occidentali, mossi dai sentimenti più diversi, solidarietà, condivisione, passione civile, movimentismo, ma anche curiosità e un confuso senso di ribellione contro il potere, si sono recati in Chiapas. Ai nativi si sono presentati i soggetti più "pittoreschi" con bracciali borchiati, capelli dritti, creste colorate, ecc ... che hanno contributo a creare in uomini, in fondo nativi della foresta, una visione "distorta" del mondo occidentale;
  • il passamontagna dei militanti zapatisti non ha nulla a che vedere con quello dei nostri extraparlamentari degli anni '70, rappresenta una rivendicazione di identità per il popolo nativo del Chiapas "invisibile" per le autorità del Paese.
Sul caffè abbiamo scoperto che:
  • se non vi è un'organizzazione cooperativa chi compra il caffè dal contadino è "il Coyote" un piccolo commerciante che pratica dei prezzi "a strozzo";
  • un sacco di caffè pesa quasi 70 chili e, dopo essere stato raccolto, deve essere portato a spalla dalla foresta alla capanna, un percorso anche di 2/3 ore;
  • il caffè del Chiapas, di varietà arabica, deve crescere rigorosamente all'ombra, è richiestissimo per la sua qualità, non ha dunque problemi di commercializzazione, ma di giusta remunerazione del lavoro (in maniera non dissimile, solo con accenti molto più marcati a quanto avviene per i nostri agricoltori)
Sul "nostro caffè", quello che abbiamo prefinanziato, abbiamo scoperto che:
  • è chiuso in un container da 17.000 chili sta solcando l'oceano insieme a due suoi "gemelli" diretti nei paesi nord europei;
  • prima di poter essere messo "al sicuro" nel container è stato oggetto di un paio di furti;
  • è stato esportato per la prima volta direttamente dalla cooperativa che lo produce. Le autorità messicane hanno a lungo ritardato i permessi per l'esportazione perchè non trovavano al proprio domicilio (una capanna nella foresta senza numero civico) il Presidente della cooperativa che, ovviamente, stava riempiendo nella piantagione il suo sacco da 70 chili quotidiano.
Sul Messico abbiamo scoperto che:
  • c'è gente industriosa che ha un gran voglia di lavorare, di crescere e di migliorare;
  • ci sono politici, di tutti gli schieramenti, che promettono e non mantengono;
  • la birra messicana "Corona" si è comprato il marchio americano "Budweiser", salvandolo dal fallimento;
  • in molte cittadine del Messico si effettua la vendita ambulante di detersivi alla spina, sono più economici e non si producono enormi quantità di contenitori di plastica che devono essere smaltiti.
Grazie a tutti coloro che sono intervenuti e a voi che avete avuto la pazienza di leggere fino a qui queste righe sconclusionate.

giovedì 19 giugno 2008

Libertà è partecipazione

Ci siamo lasciati con una citazione di Gaber e da un'altra citazione del "Signor G" ripartiamo. Lo faccio prendendo spunto da una critica di Flaminia al mio ultimo post "Destra e Sinistra" nel quale sono stato accusato, sulla mail privata, con l'eleganza che si addice ad una Signora, di qualunquismo.

Vorrei dire invece che è proprio il contrario, è proprio di impegno che volevo parlare. Dell'impegno che porta qualcuno a "fare" delle cose che coinvolgano anche gli altri, non necessariamente in politica. La mia cittadina "vive" grazie all'impegno di coloro che organizzano il teatro, la società sportiva, il cineforum, i gruppi di acquisto, ma anche di quelli che si "sbattono" per settimane per cercare una data che vada ben a tutti per la cena con gli amici.

Tra quelli "che fanno" ci metto anche quelli che fanno politica con passione, non per farsi vedere, perché credono che le cose possano cambiare ... veramente.

Scendendo nel quotidiano tra coloro "che fanno" aggiungerei anche quelli che quotidianamente e con costanza separano i rifiuti, risparmiano energia, non sprecano l'acqua, ecc...

Tutte queste persone si differenziano dalle altre per il fatto di non essere solo "consumatori", perché non si fanno semplicemente "servire", con merci, servizi, favori, ecc.. perché il corrispettivo della società dei consumi è il prezzo, anche se questo non è detto che sia esclusivamente espresso in un elemento di natura monetaria.

La versione mediatica del "consumatore" è quella dello "spettatore" (o "ascoltatore" per chi usa mezzi meno evoluti) ma anche in questo caso c'è la possibilità si esprimere la propria critica con un uso selettivo dell'elettrodomestico. In questo link una serie di filmati "artigianali" che vi possono dare un'idea di come una trasmissione intelligente, ironica, graffiante come "Caterpillar" di radio 2 può riuscire a coinvolgere gli ascoltatori a mettersi in gioco nel CaterRaduno.

venerdì 6 giugno 2008

Destra Sinistra

Sono sicuro che questa mail stupirà più di un lettore del mio blog, specialmente quelli che mi conoscono. In un Paese dove tutto è di destra o di sinistra, ricordate la vecchia canzone di Gaber?
In un Paese in cui anche la droga è "politicizzata", la cocaina è di destra e l'eroina è di sinistra (sarà per questo che i consumi sono in calo?) In questo Paese in cui solo i programmi politici non hanno una "parte" ma sono un "pastone indistinto", un misto di buonismi e di rigori verbali, desidero tessere le lodi dell'impegno, della serietà e della passione anche se sono portati avanti da chi non la pensa come me.
Sto parlando del nuovo Ministro alle Politiche giovanili Giorgia Meloni.
Me ne aveva già parlato bene che si occupa di questi temi e che frequenta i "Palazzi Romani" per motivi professionali. Mi sono rivisto con lui qualche settimana fa per elaborare il lutto della trombata elettorale, eravamo nell'unico lembo desertico del continente europeo e ... pioveva, tanto per dirvi che le cose non sono più come una volta. Le certezze, anche climatiche o meteorologiche, sparite!
In quell'occasione, sparando a zero su tutta una serie di personaggi che stavano riaffacciandosi alla ribalta del palcoscenico tragicomico della politica italiana, il mio amico aveva "salvato" il Ministro, appena nominato, Giorgia Meloni. Credo di aver commentato con un "La vedremo alla prova dei fatti" e di non aver dato un gran peso alla cosa.
In questi giorni sto leggendo il libro "Se li conosci li eviti" di Travaglio/Gomez (ho deciso di alzare le mie transaminasi) che riporta nelle prime pagine l'elenco (in verità sparuto) dei politici "buoni" da salvare della precedente legislatura, ecco cosa si diceva, in tempi non sospetti, cioè ancor prima che ci recassimo al voto, di Giorgia Meloni:
Leader di Azione Giovani, vicepresidente della Camera a ventinove anni, non ha scontato neppure per un giorno il prezzo della prevedibile inesperienza, presiedendo con fierezza e autorevolezza l'aula di Montecitorio. Non ha l'auto blu da ben prima che si cominciasse a parlare di "casta". Ha aperto le feste di An anche a personaggi lontanissimi da loro. Ha presentato proposte di legge per i giovani e per incentivare la natalità. Si è battuta per l'autodeterminazione del Sahara occidentale. Ha saputo dire parecchi no ai vertici del suo partito. Ha dichiarato di avere iniziato a fare politica a quindici anni grazie a Mani Pulite e alla lezione di Paolo Borsellino: non accade di frequente, a quell'età e in quel partito. Una delle poche donne che esisterebbero in politica anche senza quote rosa.
Anch'io, per ragioni professionali, ho a che fare con politici, sia pure a livello locale, di destra e di sinistra. Ne ricordo, in particolare uno con il quale, sia pur nella diversità delle reciproche opinioni e non senza qualche contrasto, ho avuto modo di collaborare molto positivamente. Anche i miei collaboratori ne hanno un buon ricordo.
Allora forse questa volta Gaber non aveva ragione: non tutto è di destra o di sinistra l'intelligenza non ha un colore politico. Per la verità Gaber giungeva alle medesime conclusioni anche per qualcos'altro, ecco un passo della canzone " ... ma un figone resta sempre un'attrazione che va bene per sinistra e destra". Se volete riascoltarla ...

mercoledì 28 maggio 2008

POLITICI DI "PROFESSIONE"

Ricordate il mio precedente post intitolato "CURRICULUM" nel quale raccontavo del politico locale riconfermato in parlamento nonostante in suo back ground formativo, culturale e professionale non fosse particolarmente esaltante? Sul periodico economico on line "La voce" trovate un interessante contributo teorico alla tesi illustrata nel post.

Sono ancora molti che sostengono l'equazione attività politica = lavoro, in particolare a sinistra, dove fare il "funzionario di partito" è un vero e proprio mestiere. Ci sono ragioni storiche ben precise per giustificare lo stipendio di Stato ai politici e risiedono nel fatto che, diversamente, soltanto le classi dei nobili o dei borghesi, che disponevano di danari propri, avrebbero potuto occuparsi di politica, tagliando di fatto fuori dalla politica la classe sociale dei lavoratori, che emergeva nell'ottocento ed era priva di mezzi.

Ora questa tesi non ha più ragione d'essere, dal momento che vige la regola della conservazione del posto di lavoro per tutta la durata del mandato parlamentare o amministrativo. In ogni caso nessuno si sognerebbe mai di negare una retribuzione al "mestiere" di politico, ovviamente commisurata all'attività ed ai risultati dell'"Azienda Italia" come ama dire oggi il Ministro Brunetta.

Vorrei ora portare ora la vostra attenzione sul seguente grafico frutto del lavoro di Antonio Merlo e citato dall'articolo de "La Voce":
la linea rossa, che quantifica la consistenza dell'indennità parlamentare rapportandola al valore degli euro del 2005, è rimasta sostanzialmente invariata ad un livello, sinceramente contenuto, dalla nascita cella repubblica fino al boom economico (metà degli anni '60), da lì e fino agli inizi degli anni '70 è quasi quadruplicata, per poi scendere in maniera significativa in corrispondenza con la crisi energetica. Le indennità dei nostri parlamentari hanno quindi ripreso a crescere in maniera pressoché costante dalla fine degli anni '70 fino alla metà del 2000, decuplicando ormai, a parità di potere d'acquisto, l'entità di quanto percepito dai padri della patria! La risibile diminuzione dell'indennità parlamentare intervenuta dopo il 2005 sembrerebbe dovuta maggiormente alla spinta dell'indignazione popolare piuttosto che alla nuova grave crisi economico-morale che ci troviamo davanti e non è tale da poter essere considerata, a mio avviso, un'inversione di tendenza quanto piuttosto di un bieco tatticismo.

Ma quello che fa maggiormente impressione del grafico riportato è la discesa del livello d'istruzione dei nostri parlamentari. La percentuale dei laureati era significativamente più alta negli anni 50 e 60, quando il livello d'istruzione del Paese era assai meno elevato, che non oggi quando, ad un generale accrescimento livello di scolarizzazione si somma l'inflazione del titolo di "laurea", attribuibile anche ad un ciclo di studi post secondaria di solo 3 anni, spesso neppure particolarmente qualificante.

In parlamento si è passati dal 90% di politici laureati degli anni 50 a poco più del 60%, per giunta di lauree "svalutate" ottenibili pure nell'Università sotto casa, in un solo triennio!

Queste considerazioni si legano dunque alle tesi esposte nell'articolo de "La Voce" che, sostanzialmente, mette in luce come il massimo delle energie sia "speso" dai parlamentari per entrare nei palazzi del potere e non per lavorarvi una volta varcata la soglia. Sarà forse anche questo che contribuisce a favorire l'accesso dei rappresentanti di commercio e l'espulsione dei congiuntivi da Montecitorio e da Palazzo Madama?

domenica 25 maggio 2008

Due donne, 25 tessere

Sabato sera a cena la discussione è caduta sul blog e da li sulle tessere dei supermercati. A un certo punto le due signore aprono i loro portafogli che hanno le dimensioni (e il peso) di un mattone pieno di cotto, nel quale facevano bella mostra di se ben 25 "tessere fedeltà" di supermercati e simili. Un mosaico neobizantino del consumo!
Voglio elencarle per divertimento o per aiutare le società di marketing che volessero "profilare" i collezionisti di tessere.
UNI
PRENATAL
UPIM
COIN
FELTRINELLICOOP
MARIANNAUD
CIPIR
TRENITALIA
ESSELUNGA
BENNET
CALL IT
DECATHLON
GS
IKEA
ROBE DI KAPPA
IL MERCATINO
IL RE DEL KEBAB
MARCO POLO SHOP
ANIMAL DISCOUNT

Devo precisare, per i lettori più pignoli che nell'elenco non sono 25 perchè alcuni esercizi erano doppi.
Ciò detto, quale occasione migliore per lanciare il prossimo sondaggio: fate sapere, compilando la finestra in alto a sinistra della pagina principale del blog quante tessere fedeltà avete in famiglia.

Vanno escluse le tessere di partito che non possono essere considerate "di fedeltà", non necessariamente per colpa vostra, magari voi non vi muovete da anni con le vostre idee, sono i partiti che vi scivolano intorno, come banchi di barracuda a caccia, cercando di intercettare più consensi possibile.

Siccome lo strumento statistico di cui disponiamo non è particolarmente raffinato e non ci permette distinzioni di genere (che sarebbero peraltro interessantissime) le risposte vanno date "a coppia" tenendo conto della "dotazione" del vostro consorte, compagno/a o, come si di usa dire oggi facendo ridere per trarre dall'imbarazzo, "accompagnatrice/ore di affetti".

Invito tutti a trovare un'intesa per la risposta, evitate di frugare nei portafogli delle rispettive metà, stiamo parlando di tessere fedeltà al consumo e non di giuramenti infranti di eterno amore. Ci pensi il nano pelato a far lavorare gli avvocati!

sabato 24 maggio 2008

THANKS BASKET


E alla fine è giunto il momento di lasciare lo sport agonistico. Lo faccio senza rimpianti, felice per le ultime stagioni che ho passato a Stresa, ma anche consapevole che è meglio tagliare di netto, lasciando un buon ricordo che trascinarsi per il parquet come un monito sull’età con il numero 5.

Gioco a basket da quando avevo 12 anni, ne ho 50, credo si essermelo guadagnato il diritto alla “pensione”.

Per favore non chiedetemi di fare l’allenatore, l’ho fatto a 18 anni, allenando la prima squadra femminile della mia città e ho combinato solo “casini”, mi sono scottato non solo le mani ma anche i piedi e la testa, ma ho imparato a “lavorare” con l’universo femminile e questa esperienza mi è servita durante tutto l’arco della mia vita professionale e ancora mi è utile.

Poi ho allenato per pagarmi l’Università, un’esperienza entusiasmante! Ho seguito i ragazzi di una cittadina industriale, senza altro polo di attrazione che un incrocio brulicante di macchine tra due strade statali e li ho portati da non capire nulla di basket e perdere tutte le partite (contro la prima in classifica 148 a 4) a vincere il campionato tre anni dopo vendicando anche il passivo da guinness dei primati. Ora alcuni di questi “ragazzi” me li trovo a giocare contro in campionato, ormai anche loro ai limiti di età per lo sport agonistico.

Tanto meno chiedetemi di fare l’arbitro. Non riesco a giudicare le cose e i fatti, riflettendoci sopra, figuratevi in una frazione di secondo. Certo spesso esprimo il mio parere: “fallo”, “passi”, ecc… ma è il mio punto di vista e non una sentenza!

E a proposito di arbitri lasciatemi dire la mia su una questione ancora fresca, risale solo a qualche settimana fa, ma che non ha finito di bruciarmi. Il primo fallo tecnico della mia carriera. Sicuramente era ingiustificato, dato da un arbitro che ha iniziato a dirigere “sopra le righe” che voleva vivere una serata da protagonista (poteva anche tirare dei sassi alle lampadine o pisciare nei serbatoi delle macchine, ci sono tanti modi per fare i protagonisti deteriori) che accortosi di aver punito eccessivamente gli avversari in una precedente occasione, si è sfogato riequilibrando i conti col primo “pirla” che passava dalle sue parti. Il problema è che quel “pirla” ha il senso dell’autorità, anche in campo, e se un’ “autorità” si degrada, anche semplicemente in un campo da basket, vi è una scissione tra il concetto di autorità e quello di autorevolezza e ne subisce un danno d’immagine tutto il “senso dell’autorità” in generale.

Veniamo dunque ai ringraziamenti che cercherò di contenere il più possibile per non cadere nel patetico.

Grazie a Daniele, infaticabile lavoratore in campo e fuori, senza di lui non ci sarebbe la squadra. Grazie alle ragazze, per l’affetto e la pazienza con cui ci seguono e per la passione con la quale fanno il tifo per me e per tutti (spesso contro ogni evidenza), specialmente a Debora.

Grazie a Claudio, lui si veramente inossidabile, da quando abbiamo smesso di “menarci” agli allenamenti il nostro rapporto è migliorato, meglio piantare le piantine nell’orto che i lividi.

Grazie a Marco che mi segue da Genova, dove vive per lavoro e, respirando l’aria del porto, gli sta venendo il braccino corto: mi ha scritto che se smetto di giocare vuole vendere le azioni della squadra, per paura di un loro deprezzamento. Tienile care Marco, sono “azioni” affettive non costano nulla e offrono i loro dividendi anche se sei in fondo alla classifica.

Grazie a tutti, per la pazienza, per le palle perse, i passaggi mancati, i tiri di troppo. Ma non me ne vado fuori dalle balle, smetto di indossare la maglia gialla col numero 5, ci vediamo quest’estate al campetto.

M5

venerdì 23 maggio 2008

Istigazione alla menzogna

La notizia è apparsa su Repubblica di mercoledì 21 maggio dal titolo "Così i supermercati spiano i clienti ..." a firma di Oriana Liso, ma qualche giorno prima ne parlavo proprio su questo blog con il post "Critichiamo il sistema costruendo pezzi di un mondo migliore", i supermercati ci spiano con le loro tessere a punti. Ci "profilano" con tutte quelle domande che ci fanno per il loro rilascio e poi spiano i nostri consumi periodici.
E' venuto il momento di fare quello che facciamo in occasione degli "Exit poll" alle elezioni: vergognamoci di quello che abbiamo appena fatto e "cacciamogli delle balle", Diciamogli che la nostra è una famiglia numerosa con cane, gatto e pure nonna invalida a carico, che nostra figlia soffre di acne giovanile, che nostro marito passa il tempo a radersi i peli sul petto o nostra moglie a tingersi i capelli di rosso.
Facciamo come quando ci intervistano sulle nostre propensioni per la lettura, vergognamoci di essere appassionati per i romanzi di Harmony e dichiariamo il nostro interesse per Herbert Marcuse e la "Scuola di Francoforte".
Resistenza contro gli spioni del nostro carrello!
Rivendichiamo il diritto di consumare le patatine fritte senza farlo sapere a nessuno (almeno le collegheranno alla causa dell'acne giovanile), compriamo la pasta adesiva per le nostra dentiera facendo intendere che sia per quella della nonna invalida.
Facciamo spiare i nostri intimi orifizi solo al medico che ci cura la prostata o le emorroidi, non anche ai venditori di carta igienica o di lassativi!
Mentiamo insomma! Come quando abbiamo detto di aver dato il nostro consenso a chi difendeva i diritti dei lavoratori, invece votato per il nano pelato, affidandoci a lui con la stessa innocente stupidità con la quale ci si mette nelle mani del chiromante.
Abbiamo tutti il diritto di essere cretini e di non farlo sapere, questa è la nostra sacrosanta privacy.

domenica 18 maggio 2008

CURRICULUM

Quest'anno mia figlia ha deciso di cominciare a mettere a frutto i suoi studi al liceo linguistico ancora in corso cercandosi un lavoro. Siamo in una località turistica, ha predisposto il suo bel curriculum, l'ha presentato a tutti i campeggi della zona, è stata chiamata, si è presentata dimostrando le sue conoscenze linguistiche, farà una giornata di prova e probabilmente verrà assunta.
Funziona così anche per il primo impiego, ci si presenta, si dimostrano le proprie competenze e si viene incaricati. Non importa se il tuo curriculum all'inizio è un po' scarso, il curriculum ti segue cresce con te, con il tuo bagaglio di esperienze, è la tua carta d'identità di chi sei e di ciò sai ed fare professionalmente ma anche, talvolta, di quello che ti appassiona diventano perciò un curriculum motivazionale.
Ho letto il "curriculum" di Renato Schifani, il nuovo presidente del Senato della Repubblica, pubblicata nel libro di Travaglio e Gomez "Se li conosci li eviti" che ha fatto tanto scalpore dopo la trasmissione di Fazio sabato scorso e che potete vedere qui riassunto. Mi sono chiesto, con un curriculum così quale impresa competitiva che vuole stare sul mercato l'avrebbe assunto?
Poi un amico, una sorta di "Travaglio di provincia", mi ha raccontato del curriculum di un giovane politico locale che, con la sua media inferiore, ci rappresenta in parlamento solo per il fatto di essere stato inserito dall'apparato del suo partito nelle parti alte di una "graduatoria di fedeltà".
Il "nostro", poco più che quarantenne, ha alle sue spalle un passato nell'attività di imprenditore nel campo del noleggio delle videocassette, è quindi passato alla professione di rappresentante ed ha la passione irrefrenabile per la squadra locale di calcio di cui è diventato da ultras a Vicepresidente (niente a che vedere con il "capo" di quelli che girano in braghe bianche e maglietta rossonera). Ora, dopo avere occupato un seggio alla Camera, ed essere stato mantenuto dalle casse dello Stato con lauti stipendi, sta per farlo al Senato. Il soggetto in questione non mi rappresenta, non l'ho votato e quindi, a ben vedere, non ho neppure il diritto di lamentarmi, ma gli elettori di quel partito non avevano forse il diritto di poter scegliere, magari con l'aiuto di un curriculum, il proprio rappresentante? ... Oppure no? A ben pensarci quanti di noi hanno comperato da un bravo venditore di fumo un'enciclopedia, un set di pentole o un aspirapolvere di cui non avevano bisogno ... salvo poi pentirsene!

giovedì 15 maggio 2008

Esibirsi per una buona causa

Ricevo da un amico e pubblico volentieri la proposta di uno spettacolo del gruppo "Teatro Wonts You" del liceo di Verbania, il cui ricavato sarà devoluto per una buona causa. Si tratta, niente popò di meno che "Sogno di una notte di mezza estate" di William Shakespeare.
Vi avevo preannunciato una rubrica dal titolo "Promo mai prono" con periodicità "a capocchia", nella quale avrei promosso tutte le iniziative di amici parenti e conoscenti che, a mio insindacabile avviso, fossero degne di essere prese in considerazione per originalità, spessore culturale, temerarietà ecc...
E ora, anche in omaggio al titolo della rubrica, quale occasione migliore per rendere omaggio ai coraggiosi testimoni del nostro tempo di cui prende le difese Amnesty International. E' infatti a questa meritoria associazione che sarà devoluto il ricavato della serata.
Vi aspetto numerosi

mercoledì 30 aprile 2008

Orticelli della politica

Anche la politica ha i suoi orticelli, siamo il Paese in Europa che conta il maggior numero di comuni 1951 erano 7.810, mezzo secolo più tardi risultano 8.101, di cui 45 con meno di 100 abitanti.

In Piemonte non scherziamo affatto potendone “vantare” 1206 anche se non possiamo fregiarci del comune con meno abitanti d’Italia (32) che invece è in provincia di Sondrio. Per avere un’idea della consistenza dei comuni in Piemonte basta dare un’occhiata qui.

Qualcuno mi dirà che la storia, la cultura, le tradizioni, ecc.. ecc… ma mentre le banche per poter reggere la trasformazione dei mercati si accorpo, si fondono, si acquistano, si annettono, i comuni non fanno nulla per rendere a i propri cittadini servizi migliori e più competitivi … tanto loro non sono sul mercato!

Abito in un piccolo comune sulla sponda orientale del Lago Maggiore, una roba dignitosa, mica un comune “polvere”, qualcosina più di 2300 abitanti, tutti i comuni della fascia rivierasca del lago sono disegnati con la mobilità di una volta, quella dei piedi, tagliati a spicchio, dalla montagna in giù. Un modo di spostarsi sparito a fine ottocento! Uno di questi per raggiungere la sua frazione montana, attorno ai 1500 metri, devi uscire dal territorio comunale e puoi prendere due strade, con una attraversi 2 comuni e percorri 26 km con l’altra ne attraversi 4 e di chilometri ne percorri oltre 27

Volendo andare a piedi, con buone scarpe e altrettanto buoni polmoni sono solo poco più di 6 km

Per un approfondimento sotto il profilo socio-economico- politico dell’Italia degli 8000 Comuni vi consiglio questo articolo apparso sul periodico on line la voce lo scorso 18 aprile.

Vediamo se c’è qualcuno che indovina quale è il comune portato nell’esempio!

Venite pure avanti ... io non perdono e tocco!

domenica 27 aprile 2008

La generosità orticola

Se avete degli amici o parenti che si dedicano all'orto saprete senz’altro che ci sono almeno due momenti dell’anno nei quali sono sopraffatti da irrefrenabili pulsioni di generosità. Il fenomeno si scatena, di solito, in primavera e in estate avanzata.

Il primo attacco di solito coincide con il periodo in cui le verdure, dopo aver sofferto il gelo per tutto l’inverno hanno una “crisi mistica” e decidono improvvisamente di assurgere al cielo. Crescono in altezza e non in dimensioni e così vanno in “canna”, cioè a seme. Voi vi aspettate che le cicorie (finalmente) facciano la loro bella palla rossa, dopo aver stentato per tutta la stagione fredda e invece quelle si allungano e si preparano a mettere il loro pennacchio di semi. L’ortolano reagisce immediatamente alla circostanza e, prima che le insalate diventino impresentabili, le rifila a tutti quelli che conosce.

Quest’anno posso vantarmi di aver “depurato” i miei suoceri da tutte le scorie invernali a furia di cicoria cotta. A loro è piaciuta moltissimo e anche io mi sono sentito “più buono”.

Il secondo picco di generosità è quello tardo- estivo, detto anche "del cetriolone”. Se la stagione è propizia gli ortolani della domenica vi rincorrono cercando di rifilarvi cetrioli enormi pieni di semi. Se siete un po’ titubanti vi raccontano di quanto facciano bene, non solo mangiandoli ma anche alla pelle. E’ in questo periodo che si favoleggia sulle virtù del gazpacho”. Intendendo con questo nome un orribile frullato di cetrioli che credo abbia poco a che fare con la ricetta originale.

Solitamente nel mio orto io metto a dimora tre piantine di meloni e due di cetrioli (non posso arrischiarmi a metterne una sola, se per caso fallisce mi tocca vivere dei cetrioli dei vicini, umiliante). Ai veri amici offro il melone agli altri rifilo i cetrioli, siete avvisati!

Scherzi a parte c’è un motivo serio per cui io non gradisco i cetrioli dei vicini e mi azzardo a regalare i miei cetrioli, perché io in realtà non coltivo i cetrioli ma i “Tortarelli”. Sono una varietà particolare di cetrioli coltivati tra l’Abruzzo e la Puglia che hanno la particolarità di essere meno acquosi di quelli tradizionali ma soprattutto di essere più digeribili e quindi di non “riproporsi” a distanza di qualche ora dal pasto, come avviene spesso per molti frutti della famiglia delle curcubitacee.

sabato 19 aprile 2008

Critichiamo il sistema costruendo pezzi di mondo migliore

Dice Padre Alex Zanotelli che noi “votiamo ogni volta che facciamo la spesa” e credo proprio che abbia ragione.

Le grandi catene distributive fanno a gara per rilasciare le tessere a punti e da qualche tempo perfino le cassiere (opportunamente istruite) facendo sfoggio di cortesia chiedono ai cliente se hanno la carta fedeltà. In realtà dietro la “fiera degli sconti” si nasconde la “profilazione del consumo”, la caccia all’”identikit del compratore”.

La tessera a punti è un vantaggio che diamo alla grande distribuzione rispetto al quale gli sconti non sono che un minimo ritorno.

Occorre riappropriarci di un nuovo modo di consumare, che non potrà sostituire ma quantomeno affiancare quello dell’ipermercato. Occorre costruire un modello di consumo che sia una sorta di “governo ombra” del nostro portafoglio.

"Votiamo" dunque, secondo l’efficace immagine di Zanotelli anche attraverso un canale parallelo che è quello del consumo critico, della rete dei G.A.S., della scoperta dei piccoli produttori, della spesa a km zero e, quando ci saranno dappertutto, acquistando nei farmer markets.

Chi può impari a coltivare l’orto, chi non ha il terreno si organizzi e faccia pressione presso l’amministrazione locale affinché metta a disposizione degli spazio per organizzare degli “orti civici” (per chi è interessato ad approfondire l'argomento segnalo una splendida pubblicazione della regione Emilia Romagna dal titolo "AGRICivismo - Agricoltura urbana per la riqualificazione del paesaggio-).

Nella mia città ci sono stati fino a poco tempo fa e in parte ci sono ancora, sul greto del torrente delle zone “terra di nessuno” dove vige la legge del più forte che si è recintato uno spazio e da anni ci coltiva il proprio orto, senza averne alcun diritto, semplicemente perché nessuno interviene. Queste opportunità vanno socializzate, regolamentate, organizzate, è con questa politica del “fare”, facendolo bene che si conquista il consenso dei cittadini.

Dopo la “batosta elettorale” interessante articolo di Jacopo Fo apparso sul sito “Criticamente” invita a costruirsi concretamente “pezzi di mondo migliore” e cita l’esperienza dei micro orti nati in Cile negli anni ’70 in ambienti cattolici dopo che la sinistra venne spazzata via dal regime.

Sul tema dell'orto, civico o no, pubblico o privato, aspettatevi altri interventi, è un tema che mi appassiona, spero possa interessare anche voi. Vale la pena di tentare nuove strade, ribaltiamo il motto degli anni ’60, passiamo da “La fantasia al potere” a “La fantasia contro il potere”