mercoledì 28 maggio 2008

POLITICI DI "PROFESSIONE"

Ricordate il mio precedente post intitolato "CURRICULUM" nel quale raccontavo del politico locale riconfermato in parlamento nonostante in suo back ground formativo, culturale e professionale non fosse particolarmente esaltante? Sul periodico economico on line "La voce" trovate un interessante contributo teorico alla tesi illustrata nel post.

Sono ancora molti che sostengono l'equazione attività politica = lavoro, in particolare a sinistra, dove fare il "funzionario di partito" è un vero e proprio mestiere. Ci sono ragioni storiche ben precise per giustificare lo stipendio di Stato ai politici e risiedono nel fatto che, diversamente, soltanto le classi dei nobili o dei borghesi, che disponevano di danari propri, avrebbero potuto occuparsi di politica, tagliando di fatto fuori dalla politica la classe sociale dei lavoratori, che emergeva nell'ottocento ed era priva di mezzi.

Ora questa tesi non ha più ragione d'essere, dal momento che vige la regola della conservazione del posto di lavoro per tutta la durata del mandato parlamentare o amministrativo. In ogni caso nessuno si sognerebbe mai di negare una retribuzione al "mestiere" di politico, ovviamente commisurata all'attività ed ai risultati dell'"Azienda Italia" come ama dire oggi il Ministro Brunetta.

Vorrei ora portare ora la vostra attenzione sul seguente grafico frutto del lavoro di Antonio Merlo e citato dall'articolo de "La Voce":
la linea rossa, che quantifica la consistenza dell'indennità parlamentare rapportandola al valore degli euro del 2005, è rimasta sostanzialmente invariata ad un livello, sinceramente contenuto, dalla nascita cella repubblica fino al boom economico (metà degli anni '60), da lì e fino agli inizi degli anni '70 è quasi quadruplicata, per poi scendere in maniera significativa in corrispondenza con la crisi energetica. Le indennità dei nostri parlamentari hanno quindi ripreso a crescere in maniera pressoché costante dalla fine degli anni '70 fino alla metà del 2000, decuplicando ormai, a parità di potere d'acquisto, l'entità di quanto percepito dai padri della patria! La risibile diminuzione dell'indennità parlamentare intervenuta dopo il 2005 sembrerebbe dovuta maggiormente alla spinta dell'indignazione popolare piuttosto che alla nuova grave crisi economico-morale che ci troviamo davanti e non è tale da poter essere considerata, a mio avviso, un'inversione di tendenza quanto piuttosto di un bieco tatticismo.

Ma quello che fa maggiormente impressione del grafico riportato è la discesa del livello d'istruzione dei nostri parlamentari. La percentuale dei laureati era significativamente più alta negli anni 50 e 60, quando il livello d'istruzione del Paese era assai meno elevato, che non oggi quando, ad un generale accrescimento livello di scolarizzazione si somma l'inflazione del titolo di "laurea", attribuibile anche ad un ciclo di studi post secondaria di solo 3 anni, spesso neppure particolarmente qualificante.

In parlamento si è passati dal 90% di politici laureati degli anni 50 a poco più del 60%, per giunta di lauree "svalutate" ottenibili pure nell'Università sotto casa, in un solo triennio!

Queste considerazioni si legano dunque alle tesi esposte nell'articolo de "La Voce" che, sostanzialmente, mette in luce come il massimo delle energie sia "speso" dai parlamentari per entrare nei palazzi del potere e non per lavorarvi una volta varcata la soglia. Sarà forse anche questo che contribuisce a favorire l'accesso dei rappresentanti di commercio e l'espulsione dei congiuntivi da Montecitorio e da Palazzo Madama?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono laureato, posso fare il politico.

Cirano ha detto...

Datti da fare, sono sicuro che sarai un "politico di peso"
:-)

Anonimo ha detto...

Da "semplice buon diplomato" ma sempre ben informato e "studiato" trovo un pò mi passi il termine "discriminatorio" dare per scontato che solo i laureati possono fare e disfare.
;)
ciao

Cirano ha detto...

Mi scusi "geometra", non volevo essere discriminatorio. Nella mia vita ho imparato più dai contadini saggi che dai dottori stupidi, ma il discorso funziona lo stesso. Anche a prescindere dal titolo è il livello culturale dei nostri rappresentanti che è in picchiata!
Il titolo di studio non è in fine ma il mezzo, lo strumento di misura (non abbiamo altri strumenti oggettivi empirici) che ci diano la misura del grado di conoscenze dei nostri rappresentanti.
Certo l'ideale sarebbe stato poter disporre di una ricerca psico sociale che potesse comparare, che ne so , la comprensione di un articolo di giornale, da parte dei nostri rappresentanti di ieri e di oggi. Credo tuttavia che le interviste delle "Iene" siano illuminanti per comprendere il livello culturale dei nostri parlamentari, pur prescindendo dal titolo di studio!

Anonimo ha detto...

Recentemente ho sentito una cosa che condivido moltissimo: ..."la differenza tra un politico e un grande statista è che il primo pensa alle prossime elezioni il secondo alle prossime generazioni"... sento molto la mancanza di uno statista, non m'importa che sia di destra o di sinistra, basta che sia un grande statista!