martedì 1 luglio 2008

Resistere alla colonizzazione dell'immaginario

Tre continenti diversi: Europa, America e Africa. Tre situazioni differenti, una borgata di poche baite sulla montagna cuneese, la foresta dello stato del Chiapas, la comunità rurale di Gandon, nella regione di Saint Louis in Senegal. Sono questi tre luoghi del mondo, apparentemente distanti e diversi tra loro, che stanno catturando la mia attenzione e le mie energie in questo momento. Ma cosa sta succedendo di così in portante in questi luoghi. Apparentemente nulla di straordinario:

a due passi da noi, sulle montagne del cuneese la fondazione Nuto Revelli si sta impegnando per il recupero della borgata di Paralup, per preservare la memoria storica e far rinascere a nuova vita i luoghi dove operò la prima brigata partigiana "Giustizia e Libertà";

in Chiapas persone ricche di umanità come Jorge Santiago si stanno battendo per inventarsi "economie alternative" che mettano al centro di uno sviluppo duraturo le comunità indigene locali, difendendole dagli interessi del mercato di rapina;

nel nord del Senegal, dove mi recherò domani, una comunità rurale si sta riappropriando di un terreno a rischio desertificazione e, aiutata da un'altra comunità, la nostra, di un paese "ricco", nel quale, ai piedi delle Alpi l'acqua non manca, lo sta mettendo a coltura con tecniche d'irrigazione innovative.

Tutte e tre queste situazioni sono situazioni di resistenza di colonizzazione dell'immaginario, come dice Serge Latouche, un immaginario preda di un marketing ossessivo e pervasivo nel quale il consumo è presentato come l'unico valore che conta.

Resistere, costruendo e sostenendo nuovi modelli di sviluppo, fondati maggiormente sullo scambio delle relazioni rispetto al ciclo possesso/distruzione/possesso degli oggetti può essere una strada per un futuro. Come dice Maurizio Pallante leader del movimento per la decrescita felice.

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